sabato 15 giugno 2019

Prima mostre di stampe antiche su Sant'Antonio di Padova: il culto del "Santo" a Ceglie Messapica

Prima mostre di stampe antiche su Sant'Antonio di Padova "Sand'Andoniu mije"

Il culto di Sant'Antonio di Padova a Ceglie:
storia ed elementi iconografici

In occasione della festa patronale di Sant'Antonio di Padova, l'Archeoclub di Ceglie Messapica in collaborazione con la Parrocchia Maria Santissima Assunta e per volontà di Don Domenico Carenza organizza una mostra di quadri e stampe raffiguranti il celeste patrono della città. La mostra che non vuole essere sicuramente esaustiva sull'argomento, intende presentare al visitatore una raccolta di immagini raffiguranti il “Santo” conservate nelle abitazioni di Ceglie. Un complemento, quindi, rispetto ai tradizionali momenti religiosi della tredicina dedicata al patrono e alla festa in suo onore, che possa far riflettere il visitatore sulla storia del Santo e sulle varietà di raffigurazioni, a testimonianza del culto plurisecolare di Ceglie nei confronti di Sant'Antonio.

Sant'Antonio di Padova, Dottore della
Chiesa: brevi cenni biografici

Sant'Antonio è uno dei santi più amati e venerati nel mondo. La sua vasta dottrina, condensata nei Sermoni, che fa di lui uno dei maestri del suo tempo, e la sua arte predicatoria rivolta tra l’altro agli eretici del suo tempo gli sono valse, nel 1946, l’ottenimento del titolo di Dottore della Chiesa universale per volere di Pio XII. La profonda conoscenza dei testi e le sue capacità di mediazione non sono sicuramente l’unico elemento caratteristico. Antonio, infatti, noto per le sue doti taumaturgiche, viene ricordato anche come il “Santo dei miracoli". Per i fedeli tutti è semplicemente il “Santo”. Le sue spoglie mortali sono conservate a Padova dove, a pochi anni dalla sua morte, fu eretta una stupenda basilica definita da Paolo VI "clinica spirituale", per i prodigi interiori che di continuo lì si compiono e dichiarata da Giovanni Paolo II, nel giugno del 1997, "santuario internazionale". 
Antonio ha origini portoghesi: nato a Lisbona intorno al 1195 da Martino della famiglia nobile dei Bulhoes y Taveira de Azevedo, visse in Italia da frate francescano solo alcuni anni della sua vita conclusasi a Padova il 13 giugno 1231. 
Quindicenne, Fernando (con tale nome era stato battezzato) entrò fra i canonici regolari di Sant'Agostino, prima a Lisbona e poi a Coimbra. Nei primi anni in convento si formò in campo teologico, scientifico e soprattutto biblico, tanto da meritarsi in seguito il titolo di "Arca del testamento". Gli studi non appagarono le aspirazioni del suo animo. Decise, infatti, in occasione di una missione di cinque predicatori francescani in Africa, di passaggio per il Portogallo, di avvicinarsi all'ordine del serafino di Assisi. Il “Santo” fu segnato dalla fine di questi predicatori le cui salme furono riportate proprio a Lisbona dopo il loro martirio avvenuto in Marocco. Decise, allora, di seguirne le orme entrando tra i francescani con il nome di frate Antonio, in omaggio a Sant'Antonio Abate, eremita. Imitando i frati anch’egli tentò una prima missione in Africa, interrotta per motivi di salute, per poi arrivare rocambolescamente in Italia, naufragato in Sicilia durante il viaggio che lo doveva portare in Spagna, e fu ad Assisi proprio durante il Capitolo Generale dell’ordine francescano  del 1221 , e qui, forse, poté conoscere de visu San Francesco.
Dopo il Capitolo il portoghese venne destinato al romitorio di Montepaolo, vicino a Forlì, dove rimase per qualche tempo alternando preghiere, lavoro e studio. Una predica improvvisata, in occasione di un'ordinazione sacerdotale, impose all'attenzione di tutti la profonda cultura, la capacità oratoria, e la ricchezza interiore di frate Antonio. All'indomani, lasciato l'eremo di Montepaolo, il frate iniziò quindi la sua opera missionaria di predicazione che lo portò sulle strade dell'Italia settentrionale e della Francia, ad annunciare il messaggio evangelico e francescano, contro le labili costruzioni degli eretici che avevano imperversato in quelle regioni. Ciò gli valse il famoso appellativo di "martello degli eretici (malleus haereticorum)".
Tornato in Italia, e nominato ministro provinciale dell’Italia settentrionale si stabilì a Padova, dove proseguì la sua attività di predicatore. Negli ultimi tempi, spossato dalla fatica e dalla malattia accettò l'invito di un amico, il conte Tiso di Camposampiero, a recarsi nel convento di quella cittadina, immerso nella quiete della campagna, per riposarsi. A Camposampiero, Antonio si era fatto costruire dall'amico conte tra i rami fronzuti di un noce una piccola cella, dove si ritirava a pregare. Ma quella solitudine fu infranta dagli ammiratori che, scoperto il nascondiglio segreto, si recavano in massa a chiedergli il conforto della parola.
Nella tarda primavera del 1231, Antonio fu colto da malore. Deposto su un carro trainato da buoi, venne trasportato a Padova, dove aveva chiesto di poter morire. Giunto però all'Arcella, un borgo della periferia della città, la morte lo colse. Spirò mormorando: "Vedo il mio Signore". Era il 13 giugno. Aveva 36 anni. Fu proclamato santo già un anno dopo la sua morte, in modo abbastanza inusuale, da Papa Gregorio IX per la fama di santità in vita e per i tanti prodigi.

Iconografia di Sant'Antonio: temi significativi

Le prime raffigurazioni di Sant'Antonio risalgono alla seconda metà del XIII secolo. Antonio è generalmente rappresentato in età giovanile senza barba, contrariamente a San Francesco, ma lo si trova, sebbene raramente, con la barba come nel quadro: “Maestro di S. Francesco” (sec. XIII, Galleria Nazionale di Perugia). Unico elemento costante delle figurazioni di Sant'Antonio è la presenza del saio da frate minore francescano di colore bruno o nero.
All'iconografia basilare di Sant'Antonio si aggiungono vari elementi, alcuni rappresentati abbastanza
frequentemente, che nel sentire comune portano a pensare all'immagine del frate giovane che tiene in braccio Gesù Bambino e, con l’altra mano, un giglio. A questi ultimi elementi si aggiungono poi altri simboli che lo accompagnano in altre raffigurazioni, come il pane, simbolo della carità antoniana o il libro, a sottolinearne la notevole dottrina.
Nel poster successivo presenteremo brevemente i simboli dell’iconografia antoniana e ci soffermeremo su alcuni dei miracoli che in alcuni casi vengono inseriti a ‘corolla’ nelle rappresentazioni artistiche con l’effigie del Santo.
I Simboli
Il Giglio: simbolo della sua purezza e della lotta contro il male.
Gesù Bambino: ricorda la visione che Antonio ebbe a Camposampiero. Esprime, inoltre, il suo attaccamento all'umanità del Cristo e la sua intimità con Dio.
La giovinezza: simbolo di personaggio ideale, puro, buono, che accoglie tutti.
Il libro: presente fin dalle prime rappresentazioni è simbolo della sua scienza, della sua dottrina, della sua predicazione e del suo insegnamento sempre ispirato dalla Bibbia.
Il pane: simbolo della carità del santo verso i poveri.
La fiamma: l’elemento meno comune nell'iconografia di Sant'Antonio, è del suo amore per Dio e per il prossimo.
Il santo dei Miracoli
La Mula: durante un dibattito fra Antonio e un eretico circa la presenza di Gesù nell'Eucaristia, l’eretico sfida il Santo a dimostrare con un miracolo la vera presenza di Cristo nell'ostia consacrata, promettendo che se ci fosse riuscito si sarebbe convertito alla retta dottrina; perciò se l’animale affamato si fosse inginocchiato davanti alla particola, ignorando il cibo, egli si sarebbe convertito e così avvenne.
La predica ai pesci: a Rimini, che rifiutava di ascoltare la Parola di Dio, egli predicò ai pesci che miracolosamente lo accolsero sulla riva. Monito accolto dal suo uditorio.
Il pane dei poveri: una donna disperata invoca l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fa un voto: se otterrà la grazia donerà ai poveri tanto pane quanto è il peso del bambino. Il figlio torna miracolosamente in vita e nasce così la tradizione del «pondus pueri» una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a sant'Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso.
La visione del Bambino: nell'ultimo periodo della sua vita, rifugiatosi presso l’amico conte Tiso, in una celletta costruita presso un noce, Antonio, avvolto in forte bagliore viene visto stringere fra le braccia Gesù Bambino.Visione che per secoli commuove molti.

Il culto di Sant'Antonio a Ceglie: cenni

Il culto per Sant'Antonio a Ceglie ha radici plurisecolari e profonde come testimoniato non solo dai momenti religiosi e civili della festa che ogni anno la città organizza in suo onore, ma anche dalla presenza, la più numerosa, in quasi tutte le abitazioni, di statue o oggetti votivi raffiguranti il Santo. Altro segno è la presenza di numerosi affreschi o dipinti raffiguranti Sant'Antonio nelle edicole votive dell’abitato o nelle cappelle rurali.
Il primo altare dedicato a Sant'Antonio fu eretto molto probabilmente tra il 1630 e il 1640 all'interno della Collegiata.
Di questo altare abbiamo anche una la descrizione contenuta nella relazione alla visita pastorale, datata 1747 dell’Arciprete D. M. Lombardi, dove si legge: “Cappella di Sant'Antonio da Padova a volta, coll'immagine di detto Santo a pittura, guarnita di colonne di pietra scorniciate poste in oro ed è de Jure Patronatus dell’Ill.mo Sig. Duca di questa Terra, al quale le spetta di provederla di tutto il necessario.” [Mons. Gianfranco Gallone, Uno sguardo su Ceglie nella prima del ‘700, pagg. 84, 93].
Nel 1654 è attestata la celebrazione della festività religiosa di Sant'Antonio, nel Liber Baptizzati
et Confirmati si legge: “in questa solennità è predisposto l’Ufficio della Messa solenne e l’Ottava in onore del Taumaturgo S. Antonio, Celeste Patrono Principale di Ceglie del Galdo” mentre la sua elezione a Patrono di Ceglie è da collocarsi tra il 1694 e i primi anni del 1700. [Michele Ciracì, Cultoe iconografia di S.Antonio di Padova in Ceglie Messapica]
Le principali rappresentazioni del Santo conservate a Ceglie sono la statua lignea e la tela esposta sull'altare a lui dedicato nella, Chiesa Matrice, attribuito a Pacecco De Rosa (1607-1656) [Michele Ciracì, Culto e iconografia di S.Antonio di Padova in Ceglie Messapica pag. 9]. La statua è databile agli ‘70 del XVIII secolo [Gianfranco Gallone, Uno sguardo su Ceglie nella prima del ‘700, pag. 93], raffigurante un giovane francescano con saio nero con in braccio Gesù Bambino posto su di un libro socchiuso, è tradizionalmente portata in processione il 13 giugno ed esposta durante la tredicina in un tosello artistico. La statua in occasione della processione era ricoperta di ex voto e donativi (in passato vista la grande
quantità di ori e argenti donati al santo si aggiungeva anche un palio su cui esporli), tale cosa è riavvenuta anche nel 2018. Nel corso della processione, nella sosta in piazza Plebiscito il primo cittadino consegna le chiavi della città nelle mani del santo (tradizione risalente al ‘700 poi cessata e ripresa da circa un ventennio).
I momenti tradizionali delle festività per il Celeste Patrono a Ceglie iniziano dal 1 giugno con l’inizio della tredicina, che man mano vede accrescere la partecipazione dei fedeli. I giorni del 12 e 13 giugno sono i giorni della solenne Festa Patronale; in Piazza Plebiscito viene eretta la Cassa Armonica dove si esibiranno importanti concerti bandistici, e le vie principali della città sono abbellite con le luminarie artistiche. In chiesa il 13 giugno durante la messa mattutina c’è la tradizionale benedizione dei pani che verranno distribuiti ai numerosi fedeli, mentre alle 11 si celebra la messa solenne con il Vescovo di Oria e il clero cittadino. La sera vede sfilare per le vie cittadine la processione e, come detto, in Piazza avviene il rito della consegna delle chiavi da parte del sindaco. La festa si conclude con il tradizionale spettacolo pirotecnico in tarda serata.