sabato 27 aprile 2013

La via Traiana nel tracciato in Puglia

di Leonardo Legrottaglie 
                  
  L'opera di conquista di Roma della penisola italiana passava, strategicamente, dalla costruzione di un grande sistema viario, tuttora in parte ancora visibile. Un sistema viario che poteva permettere lo spostamento veloce di truppe e mezzi ma anche di merci, persone, cultura e informazioni. Precedentemente alla conquista romana, l'Italia non aveva grandi vie di comunicazione, ma solo sentieri e piste. La rete stradale dell'Italia romana risale in gran parte all'età repubblicana. Incominciata nel 312 a.C. con la via Appia, aveva un grande sviluppo attorno al 100 a.C.. Secondo la Notitia Regionum Urbis, ventinove vie uscivano dalle quindici porte delle mura aureliane. Le più importanti erano la via Appia, come detto, che collegava Roma con Brindisi, la via Flaminia, da Roma a Rimini, continuava con la via Emilia fino a Piacenza, punto di partenza delle strade verso l'Europa e la via Aurelia, da Roma a Vado Ligure e da qui verso la Gallia e la Spagna.
La via Appia era la prima e la più importante tra le grandi strade costruita da Roma. I lavori di costruzione iniziarono nel 312 a.C. dal magistrato Appio-Claudio. La sua realizzazione viaggiava insieme alla conquista delle regioni meridionali. Un primo tratto, quello iniziale, si spingeva da Roma fino a S. Maria Capua Vetere, in Campania; poi continuava fino a Benevento (268 a.C.) e Venosa in Basilicata nel 190 a.C.. La sconfitta e il ritiro di Annibale apriva le porte alla Puglia: proseguiva attraverso la Basilicata fino a Taranto e infine, nel II° secolo a.C. arrivava a Brindisi, porta per l'oriente, dove l'alta colonna ne indicava il limite estremo.
"L'autostrada Appia", nel II° secolo d.C. conobbe una variante che ne abbreviava il percorso. Fu l'imperatore Traiano, nel 108-110 d.C., a realizzarla a partire da Benevento. Un percorso alternativo più veloce, comodo e sicuro. Con essa si poteva raggiungere Brindisi da Roma in 13/14 giorni, per un percorso complessivo di 540 Km. La via Appia-Traiana, questo il nome, era in parte lastricata con grandi lastroni (basoli) di pietra basaltica. La carreggiata aveva una larghezza di circa 4 metri, sufficienti a consentire il passaggio contemporaneo di due carri nel doppio senso di marcia. Due marciapiedi in terra battuta, delimitati da un cordolo di pietra e larghi ognuno almeno un metro e mezzo fiancheggiavano la carreggiata. Nei tratti più frequentati, ogni 10-13 Km e in quelli meno frequentati (14-17 Km) si incontravano sulla strada, così come oggi sulle moderne autostrade, le stazioni di posta che servivano per il cambio dei cavalli, il ristoro e l'alloggio dei viaggiatori. Lungo il percorso massicci cippi militari in pietra sistemati ai bordi della strada indicavano la distanza da Benevento.
La nuova strada dalla Campania si riversava in Puglia passando per Aecae (Troia), Canusium (Canosa), fino a Bituntum (Bitonto), seguendo da Canosa l'attuale percorso della statale 98. Da qui e fino ad Egnazia la strade diventavano due: la prima, interna, proseguiva attraversando Azetium (Rutigliano), Norba (Conversano) per poi giungere ad Egnazia, importante centro Messapico e poi Romano; l'altra, puntando per Barium (Bari), costeggiava tutta la costa e attraversava i centri di Neapolis (Polignano) e Diria (Monopoli?) fino a, Gnathia (Egnazia). Entrambi i tracciati, già presenti prima dell'arrivo dei romani, sotto forme più ridimensionate, sono ancora oggi oggetto di studio in quanto non si è stabilito ancora quale dei due sia quello fatto ampliare dall'imperatore Traiano. Secondo la professoressa, Raffaella Cassano, ordinario di "archeologia e storia dell'arte greco-romana" e del professor, Giorgio Otranto, ordinario di "storia del cristianesimo antico" entrambi all'Università di Bari il tratto della via Traiana "vera" è quella che che si riversa sul litorale. A Monopoli sud, probabilmente, si congiungevano le due strade per continuare secondo un unico percorso fino a Brundisium (Brindisi). Ed è proprio qui che è visibile un pezzo della via Traiana, forse il più grande. Per circa 300 metri la strada romana costeggia quella in uso e asfaltata che conduce in direzione Capitolo, costruita negli anni cinquanta sul percorso di quella romana. Il tratto emerso è storicamente rilevante proprio perché in questo punto la carreggiata arriva fino a 20 metri (solo in parte visibile) e i solchi scavati nel calcare indicano una biforcazione secondo due direzioni.
L'area però, è da tempo abbandonata e neppure un gard-rail mette al sicuro l'automobilista di passaggio dalla possibilità di poterla invadere. Erbacce e rifiuti sono presenti e addirittura un tratto e stato ricoperto trasversalmente e abusivamente con pietrisco per permettere il transito a veicoli e persone dell'adiacente condominio sulla strada recentemente asfaltata. Inoltre, i recenti lavori fognari, che hanno cancellato il percorso pedonale attrezzato sul lato opposto ai resti romani, ha lambito la stessa via anche se non in luce.
"I rapporti con l'amministrazione del comune di Monopoli sono stati pressoché occasionali e spesso intermediati" - dice il Soprintendente ai beni archeologici della Puglia, Giuseppe Andreassi. Apprendo da voi lo stato di abbandono di quel tratto di via Traiana, che comunque, alcuni anni fa, fu risistemato e ripulito. Ma le competenze per la salvaguardia spesso spettano alle singole amministrazioni. L'Italia - continua - per il vasto patrimonio storico-architettonico di cui dispone non può vincolare qualsiasi area. A volte è chiamata in causa la sensibilità delle singole amministrazioni locali per la valorizzare del patrimonio di cui dispongono". Del turismo Monopoli ne fa una bandiera. E' vero, non tutto si può fare, ma basterebbe poco per tutelare un pezzo di storia millenaria da vedere e da spiegare.  
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venerdì 26 aprile 2013

La trozzella

La trozzella è una forma vascolare caratteristica della civiltà messapica: ha un corpo ovoidale più o meno rastremato al piede, con alte anse nastriformi che terminano con quattro rotelline, due in alto e due all’attacco col ventre. Solitamente prodotta nella tipica argilla chiara locale, veniva spesso decorata con pittura bruno-rossastra o rosso-nerastra.

La parola trozzella è la forma italianizzata della voce dialettale salentina tròzzula (dal latino trochlea = carrucola), che significa rotella. Probabilmente si tratta della trasposizione in ceramica dell'anfora in metallo (bronzo) munita di un sistema di corde e rotelle (carrucola) utilizzata per l'emungimento di acque sorgive (da falde) o di acque di raccolta (da cisterne). Il suo valore simbolico può essere inteso pienamente in considerazione delle condizioni climatiche e idrogeologiche della sitibunda Apulia.

Si tratta comunque di un vaso a destinazione essenzialmente funeraria, riservato forse solo a determinate donne di alto rango o ruolo sociale.

La trozzella compare in Messapia intorno al VI secolo a.C.: inizialmente è decorata con pittura monocroma in stile geometrico, prima più rigido (meandri, scacchiere, zig-zag) e poi meno (cerchi, rosette, stelle e volute); successivamente intervengono elementi vegetali (rami di edera, fronde di olivo); la decorazione figurata talvolta si arricchisce di rare rappresentazioni umane e animali (galli, grifi); con l'avvento dell’ellenismo sulle trozzelle compaiono anche decorazioni timidamente policrome ispirate alla ceramica di Gnatia.

La trozzella messapica ha ispirato la produzione di anfore simili nelle aree limitrofe abitate dai Peuceti e dai Lucani.
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